I FASCISTI REPUBBLICANI E LE FORZE ARMATE DELLA RSI CONTRO I PROGETTI TEDESCHI       


CONTRO GLI SLAVI... E CONTRO I TEDESCHI
L.F.
 
 
"Nuovo Fronte'' è venuto in possesso di una eccezionale documentazione. Essa riguarda l'azione svolta clandestinamente, a Trieste, da fascisti repubblicani negli anni in cui ebbe vita il cosiddetto Adriatisches K|stenland, in difesa dell'italianità di quelle terre. Difesa dalle mire annessionistiche slavocomuniste di Tito e, in seconda battuta, da quelle subdole dell'ineffabile dott. Rainer Alto Commissario del Litorale Adriatico. Egli, austriaco e nazista dell'ultima ora, temendo la sconfitta del III Reich, sperava di far incorporare la Venezia Giulia nell'Austria (in quel caso avulsa dalla Germania) e, nella peggiore ipotesi, di gettare le premesse onde farla assoggettare alla Jugoslavia.
In questo contesto nacque "Nostra Italianità''. Ecco la storia.
8 settembre 1943. Il re e quanti con lui avevano congiurato per poter saltare sul carro dei "vincitori'' (sperando di salvare capra e cavoli), scappano nelle terre invase dagli angloamericani. I tedeschi, traditi, si apprestano ad affrontare da soli gli "alleati'' ormai sbarcati nel meridione d'Italia. Il timore che le loro Divisioni possano venire aggirate, accerchiate e assaltate alle spalle, ad esempio dall'alto Adriatico, costituirà il motivo e, quindi, la necessità, di istituire una Zona di Operazioni, sotto controllo germanico, comprendente le Province di Trieste, Pola , Fiume, Gorizia e Udine. Intanto, 64 Divisioni dell'Esercito, in Italia e all'Estero, si sono polverizzate.
10 settembre. Alle ore 18, Trieste viene presidiata dalle FF.AA. Germaniche. Novantamila soldati dell'Esercito regio hanno abbandonato le armi, i Reparti si sono sciolti, la gran parte finirà nei campi di prigionia tedeschi.
11 settembre 1943. A Trieste, un sindacalista toscano Idreno Utimperghe riapre la Federazione dei Fasci e la intitola alla M.O.v.m. Ettore Muti, primo martire della guerra civile (voluta dagli "alleati'', in combutta con Tito e servendosi della manovalanza comunista). Il programma di Utimperghe, così si concludeva: "Mantenere ad ogni costo l'italianità indiscussa di Trieste e delle terre giuliane''.
Da "Un milione e 1'' di Claudio de Ferra: "Utimperghe condusse i suoi 'squadristi', come si erano autodefiniti quei ragazzi nel ricordo di quelli del 1922, a riaprire le Federazioni di Venezia e di Padova''.
Ricorda Bruno Spampanato nel suo "Contromemoriale'': "Era stata organizzata anche una RadioMuti, poi RadioVenezia (...) Le trasmissioni sono libere: e continuamente s'insiste sulla italianità di quelle province. (...) Tuttavia la mano delle autorità militari (tedesche) è ancora pesante quando Mussolini riprende i suoi poteri. I fascisti continuano a battersi anche loro contro le bande rosse di Tito. La grande azione di repressione del banditismo slavo, che il primo ottobre era stata iniziata proprio da Trieste per tutta l'Istria, fu condotta vittoriosamente dalla Divisione tedesca 'Prinz Eugen' (...) L'Istria fino a Fiume era stata liberata anche dagli italiani: e italiane erano le migliaia di vittime, fascisti o non fascisti, civili o militari, trovati nelle foibe. Ma questo non doveva significare molto se da parte delle autorità locali tedesche si accentur la pressione proprio nei confronti degli italiani. Il 15 ottobre fu annunziato un Supremo Commissariato per il litorale adriatico, l'Adriatisches K|stenland. Il Commissariato assunse sul posto tutti gli elementi già appartenenti all'amministrazione austroungarica o simpatizzanti per l'Austria. Commissario a Trieste fu mandato un austriaco, il 'gauleiter' di Klagenfurt, certo dott. Friedricè Rainer, che avvelenr in quel settore i rapporti italotedeschi come non c'era nemmeno riuscita la propaganda nemica (...). Vero che all'insediamento del nuovo Prefetto italiano di Trieste, dott. Coceani, e del nuovo Podestà, avv. Pagnini, il Commissariato dovette riconoscere quella che era stata la condizione posta dai due italiani: cioh, la riaffermazione dell'italianità della Venezia Giulia e la sua appartenenza irrevocabile all'Italia. Ma dietro quei riconoscimenti continuava sotterranea l'azione degli 'austriaci' e degli austriacanti. In quelle difficili condizioni dovevano battersi i fascisti, e gli stessi militari italiani restati sul posto, con la Medaglia d'Oro generale Esposito a Trieste e il Colonnello Fioretti a Fiume''.
Domenica 12 settembre, ore 14 pomeridiane. L'SS Hauptsturmf|hrer Otto Skorzeny e Fallschirmjdger tedeschi liberano Mussolini dalla prigione posta a 2000 metri sul Gran Sasso, località Campo Imperatore. Il giorno successivo, a Trieste, un aereo tedesco lancia volantini che, in italiano, annunciavano l'evento. Il 23 settembre, il Fascio di Trieste assumeva la denominazione di Federazione Provinciale del P.F.R. e, il giorno 28, il Segretario Nazionale del Partito nominava Utimperghe Commissario straordinario di quella Federazione.
Assieme ai "vecchi'' fascisti triestini, si raccolsero molti giovani e giovanissimi, provenienti dalle organizzazioni del Regime. Erano animati da un grande amore per l'Italia, dal senso dell'Onore molto più che motivati politicamente. Formarono un Gruppo Giovanile che, ufficialmente, si costitul il 6 dicembre 1943 e posto sotto la Direzione di un Commissario, nella persona del Seniore Ugo Rossetti. Il Gruppo si articolr in quello maschile e quello femminile.
Nel gennaio successivo, i Gruppi Giovanili del PFR, proliferati anche nelle altre città, assunsero il nome di "Gruppi fascisti di azione giovanile Onore e Combattimento''.
Al Gruppo di Trieste, formato da un centinaio di iscritti, veniva allora nominato quale Fiduciario la M.O.v.m. mutilato della guerra di Spagna Leo Vidussoni. L'attività del Gruppo, frequentato pure dalle giovani Fiamme Bianche dell'O.N.B., era di natura propagandistica con la diffusione di manifesti e di pubblicazioni, quali "l'Italia Repubblicana'' (Organo della Federazione triestina) e "Crociata Italica''. Il tutto in contrasto con la propaganda slavocomunista, con la stessa Amministrazione Comunale non sempre allineata alle direttive del Governo repubblicano e, naturalmente, contro l'intolleranza di Rainer verso tutto quanto rappresentava e ricordava l'Italia. Ogni occasione era valida per esporre il Tricolore. L'azione del Gruppo Giovanile ebbe, alla fine, ragione anche nella diatriba relativa all'intestare al nome di Ettore Muti, sia il Corso principale di Trieste, sia un rione cittadino e una grande caserma.
Bersaglio principale erano quanti, per evitare di andare a combattere, si erano arruolati in una sedicente Guardia Civica, voluta dal solito Rainer. Al quale veniva indirizzata una cantata il cui ritornello diceva: "... non vogliamo il Litorale ma la Repubblica Sociale...''.
In occasione dei bombardamenti dei "liberatori'', il Gruppo affiancava gli uomini dell'U.N.P.A. (Unione Nazionale Protezione Antiaerea). Furono altresl organizzate conferenze culturali e politiche dove, attivissimo, era il Gruppo femminile.
Una di queste ragazze, nel mese di luglio '44, presentò al Vicefederale Gianni Apollonio, Maria Pasquinelli la quale si proponeva di acquisire notizie sulla situazione a Trieste e in Istria, e che venne aiutata in questo suo compito.
Dell'attività di Maria Pasquinelli fa cenno il Tenente di Vascello Sergio Nesi ultimo Comandante della Base Est dei Mezzi d'Assalto di Superficie della Xa MAS nel suo "Decima Flottiglia Nostra'':
"... Maria Pasquinelli aveva avuto numerosi contatti con il Comando, portando una imponente documentazione sulle atrocità slave e sulle foibe, documentazione che veniva raccolta dall'efficientissimo Servizio Informazioni della 'Decima' attraverso i suoi agenti sparsi un po' dovunque. Un vero peccato che questa organizzazione, disegnata da Borghese sulla base di esperienze personali apprese in Germania, non abbia potuto essere resa nota. Si sa soltanto che esisteva e basta. Della predetta documentazione ha parlato anche Borghese, aggiungendo che di essa è entrato in possesso, alla fine delle ostilità, il Governo Italiano.
Maria Pasquinelli, effettivamente, era un agente del Servizio Informazioni della 'Decima' e gran parte della documentazione sulle foibe la si deve a lei. Dopo aver consegnato l'utlimo plico a Lenzi, (a Trieste, Comandante di un Comando di copertura sito in Via S. Caterina Ndr) in divisa di Ausiliaria della 'Decima', Maria Pasquinelli raggiunse Milano sfuggendo alla cattura da parte dei gendarmi di Rainer''.
Con il passare dei giorni perr il Gruppo Giovanile di Trieste si assottigliò. Quasi tutti si erano arruolati volontariamente nei vari Reparti della RSI: Guardia Nazionale Repubblicana, Decima MAS, Bersaglieri, Battaglioni M, Ausiliarie e Brigate Nere. Trieste, unico capoluogo di Provincia, alliner anche una Brigata Nera femminile, la "Norma Cossetto''. Quanti per vari motivi rimasero in forza al Gruppo Giovanile, progettarono una più incisiva azione in difesa dell'italianità delle martoriate terre Giulie. Azione che si concretizzr con la diffusione di un "francescano'' foglio clandestino che denunciasse quanto si ordiva contro l'Italia da parte dei titini comunisti, nonchi le malefatte dell'austriacante Rainer.
L'idea venne esposta al Vice Commissario della Federazione che, approvando l'iniziativa, fornl lo sparuto nucleo di quanto abbisognava: una macchina da scrivere, un ciclostile e i mezzi per affittare una stanza lontano da occhi e orecchie indiscreti.
Nacque, cosl, "Nostra italianità''. Il primo numero vide la luce nel marzo del 1944. Poichi difendeva l'italianità giulianodalmata, entrr subito nel mirino degli slavi, dei comunisti, degli antifascisti e degli austriacanti del Gauleiter Rainer, della Guardia Civica, della Questura e di tutta quella fauna plagiata dalle promesse di Radio Londra.
La pubblicazione non ebbe vita ni facile, ni lunga. Soprattutto dopo il fermo, da parte della "inquinata'' Questura, di due collaboratori esterni, la diffusione divenne problematica. Fu necessario, oltre la riduzione di pagine (per la mancanza di carta), cambiare la Testata. In settembre uscl come "Terra Giuliana'' e, in ottobre, come "Adriatico''.
Poi, con la nomina del nuovo Commissario Federale dott. Bruno Sambo la situazione divenne insostenibile. Egli inspiegabilmente non approvr la prosecuzione di questa attività clandestina.
Pertanto, quel foglio redatto con tanto amore e con tanti sacrifici da giovani di quella irripetibile generazione (che si votò alla causa dell'Onore) concluse la sua breve ma encomiabile esistenza.
Ad oltre mezzo secolo da quell'apocalisse che colpl le genti e le terre Giulie nell'anno di grazia 1945, "Nuovo Fronte'' ha voluto ricordare questa sconosciuta pagina di passione italica e i suoi benemeriti protagonisti.
 
 
NUOVO FRONTE N. 210 (2001)  (Indirizzo e telefono: vedi PERIODICI)

 
DOMUS